Cose di Casa nostra: oderint, dum metuant.

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DanteDi Guido Di Stefano

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“Oderint, dum metuant” avrebbe detto Caligola, l’imperatore.

Disistimava il Senato al punto che gli fu attribuita la nomina del suo cavallo “Incitatus” a senatore Avevamo: sembra che sia un mito derivato da una sua esternazione sul reale valore e sulla effettiva utilità (o produttività) del Senato, più propenso alla conservazione dei propri privilegi che alle cure dello stato e dei cittadini (o come si diceva allora la “res publica”).

Di lui ci è stata tramandata un’immagine tutta al negativo, sicché pochi sanno che fu lui ad onorare tutti gli impegni finanziari assunti da Tiberio e lui stesso (definito spendaccione e dilapidatore delle risorse pubbliche) sgravò il carico fiscale sui contribuenti.

Si sa: la storia si ripete e da buona maestra insegna a commettere i passati errori in maniera diversa. Cambiano i tempi, cambiano i costumi, si evolve l’universo ma in definitiva nulla cambia perché l’uomo è una costante, nel bene e nel male.

Non abbiamo imperatori in casa costra.

Nessuno è disposto ad affrontare apertamente l’odio dei sudditi (cittadini elettori) né tantomeno è in condizione di alleggerire effettivamente il carico fiscale: per l’odio è indispensabile una incosciente temerarietà e per il sollievo fiscale poco o nulla serve il taglio dei servizi e delle utilità sociali.

…E nessuno ammetterà mai che preferisce elevare ad alti incarichi (politici e dirigenziali non necessariamente distinti) “i cavalli amici” piuttosto che esseri umani liberi e (in quanto tali) riottosi e disubbidienti.

 Come mascherare le vocazioni imperiali?

…Semplice: “divide et impera”.

…Ed i mezzi di comunicazione di massa disponibili (tv, radio (?), giornali, internet) consentono un rapido conseguimento dell’obiettivo.

Certo non si sente il famoso “oderint, dum metuant”di svetoniana memoria. La prassi è apparentemente più raffinata: “maledico aut benedico, dum metuant”.

E giù fango a palate per i più e sperticati elogi ad personam per pochi intimi.

Sicilia terra di mafia e di corruzione; amministrazione in mano della mafia e dei corrotti; cittadini dissenzienti mafiosi genetici o manovrati dalla mafia; denunce-condanna ancora al vaglio della magistratura; assoluzioni e certezza di totale innocenza per i “vicini”; spinte per dirottare fondi a salvezza degli intimi; dipendenti incapaci e nullafacenti; cittadini rapaci; i virtuosi; di tutto e di più: abbiamo sentito, abbiamo letto, abbiamo sofferto.

…I cittadini? L’un contro l’altro armato!

Nel bailamme consequenziale il leit-motiv è diventato: via la burocrazia, via i burocrati!

Ma leggi, regolamenti, direttive, circolari, lettere minatorie ai dipendenti non sono prodotte dai politici e dai loro sodali fiduciari? O sono piovuti dal cielo? O sono il prodotto cervellotico di quei nullafacenti agli sportelli ad affrontare un pubblico reclamante o alle scrivanie ad allineare montagne di carte prescritte dai potenti di turno?

Vorremmo richiamare l’attenzione dei nostri politici che tuonano (senza nulla fare) contro i (piccoli) burocrati e dei loro sodali su qualche particolare “piccolo ed insignificante” (per quelli che ignorano).

Si tira sempre in ballo l’estero. Ma i nostri “soloni” evidenziano a dovere che ci sono stati con circa tremila leggi (e in essi è permesso tutto quello che non è proibito), qualcuno con circa cinquemila leggi (ed ivi è proibito quello che non è permesso) e l’Italia con una base di 150.000 leggi (più tutti i “correttivi” illuminati).

Aggiungiamo anche le leggi regionali ed ecco il quadro: a tinte fosche.

Di chi è la colpa dei ritardi?

Proprio degli esecutori (che pagano ogni errore, svista, inadempienza, abuso, corruzione) o piuttosto delle vette (politici e collegati che per lo più non rispondono a pieno del proprio operato)?

Esecutori contro utenti, utenti contro esecutori tutti accomunati però su un detto da leggenda metropolitana: “la legge per gli amici si interpreta e per gli altri si applica”.

D’altra parte con più di 150.000 leggi (con annessi, connessi e derivati) c’è poco da stare allegri.

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